Il mistero del "capitello minoico" di Bovillae
di Marco Bellitto16/02/2019
Il mistero del “capitello minoico” di Bovillae
L’archeologo somiglia al saggio investigatore, che si avvale di un metodo universale e di tanti specifici sussidi. Ma somiglia anche a un direttore d’orchestra, a cui non sfuggono suoni imperfetti di archi, arpe, legni, ottoni e percussioni; o piuttosto a un regista, al quale non sfugge il dettaglio errato di un vestito o l’incongruità di un arredo. Perciò l’archeologia deve trattare tutti gli oggetti e tutte le relazioni fra di essi, includendo tutti i saperi utili. Altrimenti si resta abbracciati al frammento o poco più, come un naufrago al suo pezzo di legno”. Da “La forza del contesto” del Prof. Andrea Carandini.
Vi è un luogo a Marino ricco di testimonianze del passato che rievocano storie e leggende conosciute in tutto il mondo. É proprio in quel XIII miglio della Via Appia Antica, all’interno della proprietà dell’Università di Dallas, ”The Eugene Constantin Rome Campus” a Due Santi, che riemergono e si sovrappongono reperti eccezionali come quei due frammenti di colonna rastremata e quello strano capitello ritrovati in un vigneto.
A prima vista, potremmo essere portati ad attribuirlo ad un ordine italico o più precisamente tuscanico o etrusco ma che dall’attenta osservazione risulta avere forme e dimensioni che lo fanno rassomigliare più ad un ordine dorico come quello dei templi di Siracusa del VI sec. a. C. o di quelli di Paestum. C’è però una caratteristica che lo rende unico ed è quel particolarissimo gocciolatoio alla base dell’echino che lo fa somigliare stranamente a quei capitelli della più famosa ricostruzione dei primi del Novecento, eseguita da Sir Arthur Evans del Palazzo di Cnosso a Creta da quei resti che riemergevano della Civiltà Minoica. Si pone ora la questione se anch’esso possa essere una ricostruzione ottocentesca come è stato affermato da più di qualche “esperto” al quale in passato si era rivolta la proprietà oppure, tenendo conto del contesto e del luogo dove è stato ritrovato, possa invece rappresentare un elemento che ci porterebbe a ricondurlo ad una civiltà così antica come quella progenitrice della Città Eterna.
E’ appunto alla città di Alba Longa e a quella civiltà (Egea) che potrebbe essere collegato questo straordinario ritrovamento in quanto lo stesso farebbe parte insieme ad altre due strutture presenti nello stesso luogo già descritte in passato dal Dobosi e dal Lugli, come il Ninfeo di Boville e la Conserva d’acqua, di un solo edificio in cui potevano le colonne rappresentare un portico o un pulvinar. Tali tre elementi rappresenterebbero un unico complesso architettonico riconducibile ad uno dei più grandiosi circhi dell’antichità legato alla fondazione di Alba Longa. Come diceva Agatha Christie : “Un indizio è un indizio,due indizi sono una coincidenza,ma tre indizi fanno una prova”. É auspicabile che da questa ipotesi azzardata se ne possa trarre qualche iniziativa per uno studio più approfondito del sito così da riscoprirne la reale storia dimenticata.
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