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Nympheus versus Mytreus

di Marco Bellitto

 28/06/2020

Nympheus versus Mytreus

A Marino i tesori dell’antichità fioriscono dalle cantine

A Marino, il paese meglio noto in tutto il mondo per la Sagra dell’uva, i tesori dell’antichità riaffiorano dalle cantine come da tradizione per il vino migliore. Grati per l’apertura  al pubblico del Mitreo dopo il lunghissimo restauro e la sua messa in sicurezza , non possiamo non porre la giusta attenzione per un’altra straordinaria testimonianza del passato, sicuramente altrettanto importante e ben più antica: il cosiddetto “Ninfeo di Boville” a Due Santi. A tal riguardo pochissime sono le fonti  e le testimonianze che nel tempo si sono rarefatte tanto da farne quasi scomparire  il ricordo. Tutto ebbe inizio nell’autunno del 1931, quando dopo una segnalazione del prof. Dobosi, illustre accademico rumeno, il prof. Lugli ottenne il permesso di eseguire degli scavi  a ridosso  di quella che oggi corrisponde a via dei Ceraseti nel tratto a circa 150 metri dalla sua diramazione da via Appia Nuova.

Qui gli scavi allora eseguiti evidenziarono le strutture di due grandi mura in “opus quadratum” che correvano parallele a distanza fra loro di circa 4 metri e mezzo ,e su una di queste era scolpito un enorme simbolo fallico (Via Sacra?) ;inoltre il rinvenimento di resti di una villa di epoca repubblicana con mosaici ed affreschi , che risultava costruita sopra i resti di quelle mura ben più antiche. L’attenzione degli studiosi fu allora attirata da una particolare struttura sotterranea custodita in una cantina di un casaletto seicentesco adiacente a quegli scavi. A qualche decina di metri dall’abitazione, attraverso una botola di metallo ancora oggi si accede scendendo dodici gradini ad una porta che si apre in una cantina particolarissima: una stanza semicircolare  a forma di grotta di circa cinque metri di diametro. La straordinarietà notata dai due eminenti studiosi era la particolare tecnica di costruzione della volta con dei blocchi di pietra albana (peperino), trasformati dallo scalpello in grandi ciottoli di fiume e in foglie enormi, il tutto impreziosito da una cornice monumentale  e da un piccolo arco con un foro da cui fuoriusciva l’acqua che riforniva un pozzo sottostante.

Tale conformazione li portò a formulare varie teorie che già allora ponevano dei dubbi: si trattava di un Ninfeo riconducibile al II sec. a. C.,come  affermava il prof. Lugli, o di un tempio o un sacello, o di altra struttura monumentale come dubitava il prof. Dobosi? Tale dibattito non è stato mai ripreso dagli studiosi sebbene nel tempo i loro lavori in merito siano stati spesso citati in diverse nuove pubblicazioni  (Neuenburg, etc.)e ciò sicuramente a causa delle poche notizie del sito ormai quasi dimenticato. Oggi potremmo rivedere la discussione anche tenendo conto di una nuova possibile interpretazione che collega questa struttura ad un’altra maestosa opera che il Dobosi chiamò allora “conserva d’acqua” e che invece dalle forme ,dalle dimensioni e dal contesto in cui  si trovano, possano corrispondere alla sommità di una delle due torri e  alla meta di un antichissimo circo (Marco Bellitto “A spasso per  Frattocchie…”, ed. Aracne 2017 , cap. XI, da  pag.96 a pag. 104).

Si tratterebbe di un riutilizzo di ambienti sepolti  da un probabile evento catastrofico legato  all’attività esplosiva del Vulcano Albano nel periodo successivo alla fondazione di Roma.Da una attenta analisi si potrebbe trattare per quanto riguarda il riutilizzo dei resti dell’antichissima struttura avvenuto  in epoca repubblicana di un antico “calcatorium” per la produzione del vino. Una vasca (torcularium o calcarium)realizzata nello strato siliceo (colata lavica ?)del piano che sovrasta la struttura,con un foro che conduceva la spremitura nell’ambiente sottostante adattato a cantina (lacus o cisterna) stuccata in opus signinum (coccio pesto)dove avveniva la fermentazione del mosto. Secondo le testimonianze locali nel “Ninfeo”  ancora oggi sarebbe presente la presenza di acqua corrente proveniente da una condotta alla base della probabile torre  che è parte di un antichissimo acquedotto che la tradizione vuole far risalire al Re Numa e forse legato alla mitica Albalonga.

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