I culti misterici e la Bona Dea di Boville
di Marco Bellitto08/01/2020
I culti misterici e la Bona Dea di Boville
Alla Bona Dea, dai più identificata come l’antica divinità italica di Fauna, era dedicato un culto misterico (sacrificium occultum) praticato esclusivamente dalle donne del ceto aristocratico della società romana, come le matrone o le stesse vestali e celebrato ogni 1° di maggio. Il rito si fa risalire addirittura agli Arcadi comandati da Evandro che abitavano il colle Aventino e alle loro antiche divinità (Di Indigetes) e si narra persino che lo stesso Ercole (semidio) fosse stato allontanato da Carmenta, dea protettrice della gravidanza, durante uno o di essi.
Una dea dunque protettrice della fertilità e dell’abbondanza, invocata per le guarigioni, che nel tempo ha avuto varie identificazioni con la Magna Mater,con Cibele, Demetra (Cerere) o con Damia. Un culto che comunque aveva la sua ragion d’essere in Boville dove la propaganda Giulio – Claudia che raccontava la discendenza degli stessi imperatori dal leggendario Enea, poneva nello stesso territorio la città di Albalonga (Albani Longani Bovillenses) con le antiche tombe e i sacri altari.
Dove era il Sacello a lei dedicato in Boville è ricordato nei minimi particolari dallo stesso Cicerone nella “Pro Milone” a proposito dell’uccisione di Clodio ad opera di Milone. Erano questi infatti due nobili romani di opposte fazioni che si contendevano la carica di console all’epoca di Giulio Cesare e che si scontrarono il 18 gennaio del 52 a. C. proprio di fronte all’edicola della Bona Dea di Boville sulla via Appia, nelle vicinanze del fondo agricolo di Clodio (“Ante fundum eius”)e all’interno del fondo agricolo di Tito Sestio Gallo, legato di Cesare in Gallia.
Cicerone ricorda come per Clodio si fosse trattato di una vera punizione divina in quanto dieci anni prima, nella notte tra il 3 ed i 4 dicembre del 62 a. C., come capo dei “populares❞aveva osato profanare, travestito da suonatrice di cetra, i riti della stessa divinità nella dimora di Roma dello stesso Giulio Cesare per incontrane la moglie Pompea sua amante.
Un tempio (pronao) quello di Boville custodito da alcune Vestali albane che avevano la loro casa non molto distante nei pressi della villa di Clodio (odierna Villa Santa Caterina). Un centro dedito alle guarigioni dove venivano fatti dei voti come risulta da alcune epigrafi e da testimonianze storiche come di quel voto fatto dall’Imperatore Nerone per la gravidanza di Poppea (65d.C.) poi finita tragicamente e, dove venivano somministrate erbe medicinali per alcune patologie.
All’interno del recinto una sorgente d’acqua con serpenti liberi nel giardino che costituivano una caratteristica del culto legato alla divinità. Nel “nao” la zona del sacro che probabilmente si trovava in un ipogeo oltre alla immagine della Bona Dea vi era un ambiente dove venivano celebrati i riti misterici con l’esclusione degli uomini e addirittura degli animali maschi.
La statua così come descritta da Macrobio rappresentava la divinità seduta, con il capo una corona di pampini di vite, ai suoi lati un cane o un leone, nella mano sinistra uno scettro e nella destra una patera, mentre vicino la gamba destra una vistosa cornucopia e alla base proprio davanti ai piedi un serpente. Alcuni elementi porterebbero ad identificare questo stesso luogo proprio li dove il Tambroni nel 1823 aveva riscoperto i resti dell’antica città (“Intorno alcuni edifici ora riconosciuti dell’Antica Città di Boville”), dove Via Castagnole incrocia con via Appia Nuova, nel luogo in cui alcune testimonianze ricordano negli anni 80 di alcuni scavi per passare dei cavi telefonici dall’altro lato della via Appia che misero in luce un ambiente ipogeo, una grande stanza con una colonna al centro che farebbe pensare proprio alla sacralità del luogo (Nao).
Proprio lì di fronte dall’altro lato in corrispondenza di Vicolo del Divino Amore ben visibile dal marciapiedi, una entrata in muratura di una struttura che potrebbe essere un accesso ad un antico criptoportico o sottopassaggio. Un patrimonio archeologico e storico unico al mondo che rischia di scomparire per visioni campanilistiche o di interesse privato in un luogo che merita uno studio adeguato ed una adeguata valorizzazione da parte di tutti gli enti e amministrazioni preposte.
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