Torso del Belvedere
di Enrico Di Lernia02/02/2022
Torso del Belvedere
Il luogo del ritrovamento di questa antica scultura che ebbe maggior fama nella cultura artistica a partire dal Rinascimento è incerto: è falsa la notizia che il Torso sia stato rinvenuto al tempo di Giulio II a Campo dei Fiori, o nelle Terme di Caracalla; ipotetica è la provenienza, avanzata dal Sauer e dallo Hulsen, dalle Terme di Costantino. Sappiamo invece che il pezzo, nel Palazzo Colonna sul Quirinale già prima del 1433, si conservava là ancora nei primi del 1500: nel disegno di Giovanni Antonio da Brescia è indicato infatti come “in monte cavallo”.
Con Clemente VII (1523-34) la scultura fu trasferita al Vaticano, dove rimase per qualche tempo all’aperto, rovesciata sul dorso (cfr. disegno di M. v. Heemskerk). Agli inizi del 1500 il papa incaricò Michelangelo di restaurarlo e la risposta lapidaria fù: “non me la sento di mettere le mani su questo eccezionale capolavoro non voglio e comunque non mi sento in grado di farlo”, e nessun altro artista ha avuto il coraggio di mettere mani sulla scultura.
Il Torso fu oggetto di ammirazione ed interesse suscitando l’entusiasmo dello stesso Michelangelo, il Bernini nel 1600 lo definì “di piu’ perfetta maniera del Laocoonte stesso” e nel 1700 il Winckelmann assieme ai giudizi di altri eruditi concordava nel riunire in questa opera “tutte le bellezze delle altre statue”. La sua fama ed il suo interesse continuò nel 1800 quando il Conte di Clarac scriveva nel 1850 “Il n’existe pas de sculpture antique exécutée dans un plus grand style” fino all’esame del Brunn che nel 1853 ne dava una collocazione cronologica e stilistica condivisa da tutti gli studiosi. Con questa statua, l’Apollo del Belvedere ed il
Laocoonte iniziò a formarsi il primo vero museo al Mondo, quello del Vaticano. Per artisti del calibro di Michelangelo, Rodin, Picasso è sempre stato il simbolo di potenza muscolare, ma anche di forza interiore per cui le proposte di identificazione dell’opera furono molte: Ercole, Polifemo, Prometeo, Marsia, un Sileno, Filottete, ecc. Solo ultimamente è stata data una possibile attribuzione da parte di Raimund Wunsche, direttore della Glyptotheck di Monaco, il quale ha notato che la posizione del “Torso” è simile ad una
piccola figura, nella medesima posizione con il nome sottostante scritto in greco di Aiace. Determinante è stato il confronto con la “Tabula Iliaca capitolina” scoperta nel 1772 a Frattocchie in località Tor Messer Paoli con opere minori: su gemme, lucerne ed un bronzetto. Aiace Telamonio è nell’atto di meditare il suicidio per la morte di Achille, è raffigurato mentre poggia la testa sulla mano destra che stringe la spada mentre il gomito era puntellato sulla coscia dove si vede il foro per il perno. Nell’antichità una statua in bronzo dell’eroe era posta sul sepolcro (Heroon) della presunta tomba dell’eroe presso la foce dello Scamandro, nella pianura di Troia. Marco Antonio la trasferì in Egitto per la sua amata Cleopatra, ma dopo la sconfitta ad Azio (31 a.C.) Augusto la restituì al suo luogo originario e ne fece fare questa copia in marmo che reca la firma da “Apollonis, figlio di Nestore, ateniese, fece”.
Come abbiamo visto quest’opera d’arte è strettamente connessa ad Augusto. Il confronto con la “Tabula Iliaca capitolina” ci porta a considerare che forse il luogo del ritrovamento di questo “Torso” potrebbe essere stato fatto agli inizi del 1400 nei fondi Colonna; fondi e luoghi che insistono sulle vicende eroiche di Boville, come santuario sacro, una sorta di Heroon, che accolse per una notte il corpo del defunto imperatore Augusto, sotto la statua di Cesare.
Tiberio eresse una statua ad Augusto ed un sacrario dedicato alla sua gente Giulia, su consilio e pressione di Livia, sua madre e vedova di Augusto; Domiziano vi fece costruire un tempio all’eroe Ercole-Vincitore, e proprio quì furono trovate le gambe che andarono a completare la statua del famoso Ercole Farnese ora a Napoli. Quì furono trovati i due rilievi del trasporto funebre di guerriero indicato come Ettore o Achille ferito o Patroclo, di cui una lastra è nel Palazzo Colonna a Roma e l’altra metà al Museo dell’Abbazia di Grottaferrata, oltre ai rilievi dell’età di Adriano che si ricollegano al trasporto funebre degli eroi omerici. In questa zona fu rinvenuta la lastra in porfido rosso con intarsi relativi alle origini di Roma e moltissimi reperti che riportano dell’Apoteosi, come quella di Omero e dell’imperatore Claudio, ma anche la preziosa Tabula Iliaca, compendio delle vicende troiane. Questi reperti insistono sul tema degli eroi omerici e della guerra di Troia e ben si accordano a questi luoghi quale ponte di riferimento ai temi delle origini di Roma ed alle origini divine di Cesare, di Augusto ecc., temi voluti a perpetua memoria dall’imperatore Tiberio e da tutti i suoi successori. Possiamo avanzare una suggestiva ipotesi che in questo sacrario di Boville e con questa statua, Tiberio si sia identificato in Aiace, e mentre Aiace piange la morte di Achille pensando al suicidio, Tiberio piange la morte del grande padre adottivo Augusto.
Fu Tiberio che ne lesse il discorso funebre presso i Rostra nel Foro Romano e già si sentiva calato nel ruolo di unico erede diretto dell’imperatore. Come Aiace piange la morte di Achille, Tiberio piange la morte di Augusto. D’altronde queste trasposizioni, queste esagerate similitudini erano una consuetudine degli imperatori che per un verso o l’altro le adottavano facendole proprie. Domiziano si identificava con Ercole e Nerone con Apollo Helios, tanto da far innalzare una statua in bronzo come il Colosso di Rodi con il suo viso nel luogo dove in seguito fu costruito il Colosseo. In questo contesto e con queste similitudini forse la logica collocazione del ritrovamento del Torso del Belvedere nel sacrario di Boville è più che plausibile, anche se una sua giusta collocazione potrebbe essere stato il Mausoleo stesso di Augusto che nel medioevo era proprietà dei Colonna.

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